Andrea Crugnola, anni 31, per la prima volta vince il Campionato Italiano Rally e Bulacia, anni 20, per la prima volta vince un campionato, quello italiano su terra.
C’è da gioire per Crugnola e sicuramente va fatto, perché per qualsiasi pilota è un traguardo importante.
Può affiancare Cerrato, Vudafieri, Biasion e molti altri in un palmares di rispetto ma c’è anche un’altra lettura all’evento, il risultato suona come un arrivo di carriera piuttosto che una partenza, per un pilota nato nel 1989.
Piuttosto salta all’occhio l’altra vittoria, quella di Bulacia, pilota boliviano che ottiene in terra italica un successo di valore, complice sicuramente la sfortuna e la scarsa tattica di alcuni dei nostri.
Cerchiamo di capire il perché di queste due differenti posizioni, andando ad analizzarle, cercando di produrre idee, soluzioni e speranze.
Quando, negli anni così detti d’oro, si vinceva un Campionato Italiano Rally ci si proiettava, nell’anno successivo, verso obiettivi più internazionali ma il povero Crugnola, viceversa, ha davanti a sè il problema di ricostruirsi un’attività 2021, visto tutti i dubbi sulla riconferma di un programma Citroen nell’italiano.
Quindi il povero Andrea, privo di colpe, non può gioire appieno del suo brillante successo perché ora, dopo la gloria, deve essere lui stesso nuovamente a sudare fatica, a produrre idee, a sbattersi su tutti i fronti per mettere in atto non solo la sua professione ma, semplicemente, la sua passione.
La specialità dei rally in Italia non produce futuro, quel futuro che meriterebbero lui e i più giovani driver italiani, quest’ultimi criticati ingiustamente e pure rimproverati.
L’esempio delle attuali famiglie italiane che oggi, con mille sacrifici, aiutano i propri giovani nei loro studi o nel lavoro, comunque unite in uno sforzo morale e finanziario unico, dovrebbero essere d’esempio anche per i rally che, invece, sono orfani di quell’ACI che sonnecchia, si defila, fa proclami di facciata, produce eventi mondiali destinati a non so quale profitto ma che, sicuramente, non contribuisce a rendere più sereni i weekend di quei tesserati che pur pagano carissime le proprie licenze.
Potremmo quindi chiederci perché Bulacia ha scelto di correre e vincere in Italia, ve lo siete mai chiesto?
Io ci ho pensato e sono convinto che il pilota ha fatto questa scelta per progredire nella propria formazione, per formarsi professionalmente e, non per ultimo, per il confrontarsi con piloti di buon livello, lontano dai riflettori mediatici del mondiale.
Ha usato il nostro campionato per crescere e farsi un’idea del proprio valore.
Di contro ha ridimensionato tutti i nostri compreso il campione assoluto del nostro principale campionato, Crugnola, reo solo di essere più vecchio, così a sottolineare, se mai ci fosse stato bisogno, che lo stato di sofferenza del nostro ambiente è grave.
Ed ora le soluzioni, altrimenti siamo solamente dei leoni da tastiera, capaci semplicemente di criticare e di non produrre idee.
Io l’idea ce l’ho e ben precisa e parte da Pirelli, partner del WRC per i prossimi anni, azienda italiana che potrebbe benissimo sostituire quel costruttore di auto presente ai tempi d’oro e che oggi non abbiamo.
Mi domando come sia possibile che ACI non lavori su di un accordo con un’entità così centrale nel motorsport mondiale, come Pirelli, a favore dei piloti italiani.
Ci lamentiamo di non avere più il costruttore nazionale di auto ma siamo cechi sul fatto che il costruttore nazionale l’abbiamo, non fa auto ma pneumatici e di budget abbonda vista l’attività istituzionale.
Seconda osservazione: non posso fare a meno di notare come ACI non sia riuscita, nel recente passato, a mettere un giovane pilota italiano su quell’auto test, sempre Pirelli, che con Mikkelsen ha fatto chilometri e chilometri di test.
Ma vi immaginate un giovane cosa avrebbe imparato?
Infine io avrei predisposto un contributo economico importante da parte di ACI, rivolto ai più giovani, elargito dopo presentazione, da parte degli stessi, di un business plan sportivo da presentare ad una commissione di esperti veri e dalla stessa valutato.
E per esperti veri intendo quelli che non sono lì per fare i signorsì, ma gente capace di generare obiezioni e soluzioni, una commissione di spessore, formata in uguale misura da piloti giovani e anziani, da giornalisti anch’essi giovani e anziani e da alcuni addetti ai lavori qualificati.
Sono certo che tutti questi, se chiamati, darebbero gratuitamente la propria disponibilità al progetto.
Conclusione: per me gran parte della gestione ACI sarebbe da rivedere, da ridisegnare, a partire dalle visioni programmatiche e dagli obiettivi che si vorrebbe raggiungere.
I programmi federali con le piccole Fiesta sono di un’inutilità assoluta, per gli stessi piloti rispetto anche alle risorse messe in campo.
Per non parlare delle scritte ACI poste sulle vetture di piloti giovani, bravi e veloci che risultano materia di invidia e maldicenze piuttosto che plus per il pilota stesso.
Ma si sa che la politica è lontana dalla realtà e quella dei rally non è da meno.